venerdì 26 ottobre 2007

Visita a Marostica del Presidente del Consorzio di Tutela della Ciliegia dell'Etna



Il Presidente del Consorzio di tutela della Ciliegia dell'Etna On.Salvino Barbagallo è andato in visita a Marostica, territorio dove si produce l'omonima ciliegia I.G.P.
Salvino Barbagallo,ricevuto dal Sindaco Prof.Alcide Bertazzo,(presidente nazionale delle Città della ciliegia) ha avuto modo di illustrare il cammino fatto dall'Associazione "Ciliegia dell'Etna" e dal Consorzio di tutela.
L'incontro, all'insegna della cordialità, è stato proficuo ed interessante.
I due si sono congedati con la promessa di una collaborazione tra il Comune di Giarre ed il Comune di Marostica per ciò che attiene la produzione cerasicola.

domenica 14 ottobre 2007


di Carlo Ravanello

Abbiamo appena superato, con la stagione
produttiva da poco terminata, la rituale querelle
annuale che vede in campo i consumatori di ciliegie
contrapposti ai produttori e ai commercianti del
purpureo prodotto.
La querelle, come tutti gli altri anni, si è con-
clusa con un nulla di fatto, salvo riaprirsi,
puntualmente, la prossima stagione e, abbia-
mo ragione di ritenere, per tutti gli anni a
venire. Nella realtà, infatti, mentre da una
parte le associazioni dei consumatori hanno
tuonato che è assurdo avvicinarsi a un pro-
dotto che non raramente ha sfiorato i 10/12
Euro al kg, dall’altra non c’è casalinga itali-
ca (il mercato, in definitiva, lo fa lei) che non
abbia acquistato quasi furtivamente almeno
una manciatina del frutto scarlatto perché
chissà che non faccia riprendere un po’ di
colore a quel figliolo sempre così pallido. A
parte gli scherzi quindi, è un dato di fatto
che tutti noi indugiamo in una sorta di aspet-
tativa ansiosa legata all’arrivo del simbolo
più evidente della nuova stagione e con esso
percorriamo un breve percorso che – ahinoi –
si conclude sempre troppo presto con l’arrivo
del famigerato “Giovannino”. Il fragile desi-
derio segreto legato alla prima ciliegia di sta-
gione, si dissolve allora rapidamente nel
mare magnum delle grandi drupe estive. Al
diavolo quindi quella piccola, forse assurda,
spesa, a fronte di un piacere sottile che affon-
da le sue radici nei momenti più belli della
nostra infanzia! Anche perché, a ben vedere,
il consumo medio annuo pro-capite italiano è
di poco più d 2 kg.: una sciocchezza.
Per saperne di più
Il ciliegio (Prunus avium L.), le cui prime
notizie si hanno in Egitto nel VII° secolo a.C.
e poi in Grecia nel III° secolo a.C., viene oggi
coltivato in Europa, Asia, Australia e
America.
In Italia, dopo un periodo di alterne vicende,
la coltura del ciliegio attraversa attualmente
un buon momento. La superficie nazionale è
ormai prossima a 30mila ettari e la produ-
zione è attestata intorno alle 150mila tonnel-
late medie annue. Sul territorio nazionale, il
ciliegio si concentra principalmente in 4
regioni Veneto, Emilia-Romagna, Campania
e Puglia, che da sole costituiscono oltre
l’80%della produzione italiana di ciliegie. La
produzione italiana, è una delle maggiori a
livello mondiale, con moltissime varietà
diverse, fra le quali ricordiamo le Bigarreau
(reperibili da maggio a giugno), le Nero
(reperibili a giugno, tipiche della zona di
Vignola), le Anella (reperibili da fine maggio
a giugno, croccanti e succose), le Ferrovia
(disponibili a giugno, tipiche della Puglia), le
Marca (disponibili da giugno a luglio, utiliz-
zate principalmente per la conservazione
sotto spirito).
In maniera del tutto anomala si muove la
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Degustandibus
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Il Sommelier - Anno XXV - n. 5/2007
Sicilia che, partita un po’ in ritardo, si pro-
pone sul mercato nazionale con una quota
pari a meno del 2,5 % del totale produttivo
(3.500 tonn.), caratterizzata però da una
elevatissima qualità legata alle eccezionali
produzioni del nord-est isolano e, più preci-
samente, del territorio etneo. A questo pro-
posito la provincia di Catania si sta moven-
do in maniera molto moderna attivando tutti
i canali scientifici, agronomici e commerciali
di cui dispone per ricavarsi uno spazio che
non sia solo quello di una pura e semplice
presenza sui mercati ma piuttosto quello di
un’offerta qualitativamente eccellente.
Con l’interessamento della stessa Università
di Catania, che si è fatta parte attiva sull’ar-
gomento, dando sostegno a tutte le iniziative
di settore e contribuendo in maniera deter-
minante alla formulazione di un’interessan-
tissima tesi di laurea presentata nel corso
dell’anno accademico 2005-2006 dalla d.ssa
Rita Patanè alla facoltà di Economia, Corso
di Laurea in Economia e Commercio, relato-
re il chiar.mo prof. Placido Rapisarda, dal
titolo “Agroalimentare in Provincia di
Catania - Il Ciliegio”. Con questa ricerca,
che non è solo compilativa ma ricca di spun-
ti territoriali ed ambientali, a dimostrazione
di una vera analisi effettuata “sul campo”, la
Patanè riesce a coinvolgerci nella micro-real-
tà produttiva della “Ciliegia dell’Etna”
(circa 2.000 q.li di prodotto ottenuto da una
quarantina di aziende intimamente legate in
un agile tessuto associativo nato nel settem-
bre 2003 e presieduto dalla d.ssa Ivana
Sorge-Lo Giudice e riunite in uno specifico
Consorzio voluto e condotto dall’on. Salvino
Barbagallo nel marzo 2004). Motivo di vanto
per Salvino Barbagallo, già responsabile
dell’Assessorato Agricoltura e Foreste della
Regione Siciliana, è l’ottenimento a livello
nazionale, da parte delle ciliegie prodotte nel
territorio etneo, della concessione provviso-
ria nazionale avvenuta nel dicembre 2006
per l’utilizzo del marchio “Denominazione
di origine protetta” (DOP), che tutela tanto
i consumatori quanto gli imprenditori e
quanti commercializzano i prodotti.
La DOP “Ciliegia dell’Etna” – sono le parole
della d.ssa Patanè– è attribuita ai frutti del
ciliegio dolce “Prunus avium L.” famiglia
delle Rosacee. La coltivazione del ciliegio,
nell’area considerata composta dai comuni
di Giarre, Riposto, Mascali, Fiumefreddo,
Piedimonte Etneo, Linguaglossa, Castiglione
di Sicilia, Randazzo, Milo, Zafferana Etnea,
S. Venerina, S.Alfio, Trecastagni, Viagrande,
Aci S.Antonio, Pedara, Nicolosi, Adrano,
Biancavilla, S.Maria di Licodia, Paternò,
Belpasso, Acireale e, non ultimo, il Parco
dell’ Etna, fa riferimento ad una piattaforma
varietale composta dalle seguenti tipologie
locali o ecotipi: la Mastrantonio, la
Raffiuna, il gruppo Napoleona (precoce-
verifica-forestiera) e la Maiolina.
La fascia collinare dove si sviluppa la colti-
vazione delle ciliegie è compresa fra i 400 e i
600 metri, ma non sono rare presenze pro-
duttive intorno ai 1.200 metri e più. Il perio-
do di raccolta è abbastanza articolato, distri-
buito fra le varie cultivars, dall’inizio di
maggio (Maiolina) a luglio inoltrato
(Mastrantonio). La singolarità e nel contem-
po la variabilità di situazioni pedoclimatiche
ed antropiche del territorio agricolo etneo –
sono ancora parole della Patanè– caratteriz-
zano la qualità del frutto, conferendogli
parametri intrinseci, gustativi, fisici e chimi-
ci esclusivi. Oltre all’ambiente naturale, il
fattore uomo, con la sua secolare tradizione,
la fatica a trasformare le “sciare” (dall’ara-
bo shahar, terra bruciata, selvaggia) in ter-
reni fertili, ha contribuito in maniera deter-
minante a caratterizzare il forte legame tra
la “Ciliegia dell’ Etna” ed il territorio stesso.
L’esposizione a est-sud-ovest, l’elevato grado
d’insolazione, i terreni sabbiosi a reazione
sub-acida di origine vulcanica recuperati
dall’industriosa popolazione che, con
paziente lavoro di scasso, di sistemazione di
muri e terrazzi, con la captazione di acque
sotterranee, ha saputo rendere produttive
estese superfici di lave aspre e brulle, i venti
dominanti e l’umidità, conferiscono al frutto
antropizzato in tale area, particolari carat-
teristiche di qualità, precocità, forma, colore
intenso tipico del territorio, sapore croccan-
te e deciso, difficilmente riscontrabili in altre
zone di produzione.

Il ciliegio
(Prunus avium
L.), le cui prime
notizie si hanno
in Egitto nel
VII° secolo a.C.
e poi in Grecia
nel III° secolo
a.C., viene oggi
coltivato in
Europa, Asia,
Australia e
America
,,
IN SOLI DUE ANNI UN RICONOSCIMENTO AMBITO


Decreto 30 novembre 2006.
Protezione transitoria accordata a livello nazionale alla denominazione «Ciliegia dell’Etna», per la quale è stata inviata istanza alla Commissione europea per la registrazione come denominazione di origine protetta.
(pubbl. in Gazz. Uff. n. 289 del 13 dicembre 2006).
IL DIRETTORE GENERALE
PER LA QUALITÀ DEI PRODOTTI AGROALIMENTARI
Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche, ed in particolare l’art. 16, lettera d);
Visto il Regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio del 20 marzo 2006, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli ed alimentari, e in particolare l’art. 19 che abroga il Regolamento (CEE) n. 2081/92;
Visto l’art. 5, comma 6, del predetto Regolamento (CE) n. 510/2006 che consente allo Stato membro di accordare, a titolo transitorio, protezione a livello nazionale della denominazione trasmessa per la registrazione e, se del caso, un periodo di adattamento;
Vista la domanda presentata dall’Associazione produttori Ciliegia dell’Etna, con sede in Giarre (Catania), via Emilia 21 intesa ad ottenere la registrazione della denominazione «Ciliegia dell’Etna», ai sensi dell’art. 5 del citato regolamento 510/2006;
Vista la nota protocollo n. 66794 del 22 novembre 2006 con la quale il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ritenendo che la predetta domanda soddisfi i requisiti indicati dal regolamento comunitario, ha trasmesso all’organismo comunitario competente la predetta domanda di registrazione, unitamente alla documentazione pervenuta a sostegno della stessa;
Vista l’istanza con la quale l’Associazione produttori Ciliegia dell’Etna, ha chiesto la protezione a titolo transitorio della stessa, ai sensi dell’art. 5, comma 6 del predetto Regolamento (CE) 510/2006, espressamente esonerando lo Stato italiano, e per esso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, da qualunque responsabilità, presente e futura, conseguente all’eventuale mancato accoglimento della citata istanza della denominazione di origine protetta, ricadendo la stessa esclusivamente sui soggetti interessati che della protezione a titolo provvisorio faranno uso;
Considerato che la protezione di cui sopra ha efficacia solo a livello nazionale, ai sensi dell’art. 5, comma 6, del citato Regolamento (CE) n. 510/2006;
Ritenuto di dover assicurare certezza alle situazioni giuridiche degli interessati all’utilizzazione della denominazione «Ciliegia dell’Etna», in attesa che l’organismo comunitario decida sulla domanda di riconoscimento della denominazione di origine protetta;
Ritenuto di dover emanare un provvedimento nella forma di decreto che, in accoglimento della domanda avanzata dall’Associazione produttori Ciliegia dell’Etna, assicuri la protezione a titolo transitorio e a livello nazionale della denominazione «Ciliegia dell’Etna», secondo il disciplinare di produzione allegato alla nota n. 66794 del 22 novembre 2006, sopra citata;
Decreta
1. È accordata la protezione a titolo transitorio a livello nazionale, ai sensi dell’art. 5, comma 6, del predetto regolamento (CE) n. 510/2006, alla denominazione «Ciliegia dell’Etna».

2. La denominazione «Ciliegia dell’Etna» è riservata al prodotto ottenuto in conformità al disciplinare di produzione allegato al presente decreto.
3. La responsabilità, presente e futura, conseguente alla eventuale mancata registrazione comunitaria della denominazione «Ciliegia dell’Etna», come denominazione di origine protetta ricade sui soggetti che si avvalgono della protezione a titolo transitorio di cui all’art. 1.
4. La protezione transitoria di cui all’art. 1 cesserà di esistere a decorrere dalla data in cui sarà adottata una decisione sulla domanda stessa da parte dell’organismo comunitario.
Il presente decreto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
ALLEGATO
DISCIPLINARE DI PRODUZIONE «CILIEGIA DELL’ETNA» DOP
1. Denominazione. La Denominazione d’Origine Protetta «Ciliegia dell’Etna» è riservata ai frutti di ciliegio che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal Reg. (CE) 510/2006 ed indicati nel presente disciplinare di produzione.
2. Caratteristiche del prodotto.
2.1. La specie e le cultivar. La DOP «Ciliegia dell’Etna» è attribuita ai frutti del ciliegio dolce Prunus avium L. famiglia delle rosaceae. La coltivazione del ciliegio, nell’area considerata, fa riferimento ad una piattaforma varietale composta dalle seguenti tipologie locali o ecotipi: la Mastrantonio, la Raffiuna, il gruppo Napoleona (precoce-verifica-forestiera) e la Maiolina.
2.2. Caratteristiche del prodotto. I frutti allo stato fresco, destinati al consumo devono avere le seguenti caratteristiche:
la drupa globosa leggermente cordiforme con polpa tenera o soda, di gusto sia dolce che asprigno, che racchiude un nocciolo;
i frutti devono esseri interi, di aspetto fresco e sano, asciutti, puliti, privi di sostanze estranee visibili e privi di odori estranei. Inoltre:
la colorazione dei frutti deve essere di colore rosso, rosso scuro, tipica delle cultivar del territorio;
i frutti vanno raccolti con il peduncolo;
per quanto riguarda l’indice rifrattometrico i valori oscillano tra i 12 e i 21 gradi Brix.
Può ottenere il riconoscimento D.O.P. solo la «Ciliegia dell’Etna» corrispondente alle categorie commerciali «Extra» e «I».
3. Zona di produzione. La zona di produzione della D.O.P. «Ciliegia dell’Etna», comprende, in provincia di Catania, in tutto o in parte il territorio amministrativo dei comuni di: Giarre, Riposto, Mascali, Fiumefreddo di Sicilia, Piedimonte Etneo, Linguaglossa, Castiglione di Sicilia, Randazzo, Milo, Zafferana Etnea, S. Venerina, Sant’Alfio, Trecastagni, Pedara, Viagrande, Nicolosi, Ragalna, Adrano, Biancavilla, S. Maria di Licodia, Belpasso, Aci S. Antonio, Acireale.
La zona si estende fino ai 1.600 metri s.l.m sui versanti nord-orientale e sud-ovest dell’Etna. Partendo da Giarre, Riposto, lungo la strada ferrata, fino a Mascali, essa comprende Ficarella, Gona, Fiumefreddo di Sicilia; da Ponte Boria fino a Randazzo, lungo la strada SS n. 120, comprende Quartiere Notara, Piedimonte, Casa Reganati, Terremorte, C.da Alboretto, C.da Vaccarile,

Linguaglossa, Catena, Rovitello, Solicchiata, C.da Marchesa, Passopisciaro, Montelaguardia; prosegue, da qui, lungo la strada per C.da Piano fino a Cisternazze, lungo la linea di delimitazione del Parco dell’Etna e comunque fino a quota 1.600 s.l.m. Segue tale delimitazione fino al «Leccio secolare» e prosegue fino a quota 1.600 s.l.m. Attraversa C.da «Cassone», C.da Tarderia, costeggia colate recenti fino ad intersecare la Nicolosi-Etna, a Nord di Monte Manfrè. Da qui segue quota 1.600 s.l.m. fino a raggiungere il vivaio Forestale, C.da Milia, Casa Gemmellaro, la base di Monte Intraleo, Casa Fisichella, il limite del Parco dell’Etna, la strada per «Prato Fiorito» e quindi il limite inferiore del Parco dell’Etna fino al Castello Spitaleri in C.da Solecchiata di Adrano. Da qui coincide con il limite più estremo del Parco dell’Etna, costeggia a nord i centri abitati di Ragalna e Nicolosi, prosegue lungo la strada intercomunale Nicolosi-Pedara-Trecastagni-Viagrande-Aci S. Antonio, tenendosi a monte dei centri abitati, fino ad intersecare la strada ferrata che porta a Giarre e Riposto.
4. Prova dell’origine. Ogni fase del processo produttivo viene monitorata documentando per ognuna gli input e gli output. In questo modo, e attraverso l’iscrizione in appositi elenchi, gestiti dalla struttura di controllo, delle particelle catastali sulle quali avviene la coltivazione, dei produttori e dei condizionatori, nonché attraverso la denuncia alla struttura di controllo delle quantità prodotte, è garantita la tracciabilità del prodotto. Tutte le persone, fisiche o giuridiche, iscritte nei relativi elenchi, sono assoggettate al controllo da parte della struttura di controllo, secondo quanto disposto dal disciplinare di produzione e dal relativo piano di controllo.
5. Metodo di ottenimento.
5.1. Sistemi di conduzione degli impianti. I sistemi di conduzione degli impianti della D.O.P. «Ciliegia dell’Etna» sono riconducibili alle tecniche di produzione antiche, consolidate dalla tradizione, e tengono in considerazione le prerogative del quadrinomio costituito dal tipo di cultivar di ciliegio, dal suolo, dal clima e dall’uomo. La coltivazione deve essere condotta con uno dei seguenti metodi:
convenzionale, in uso nella zona, con l’osservanza delle norme di «Buona Pratica Agricola» della Regione Siciliana;
integrata, ottenuta nel rispetto delle» Norme Tecniche» previste dal disciplinare della Regione Siciliana in applicazione del Reg. (CE) 1257/99;
biologica, secondo il Reg. (CEE) 2092/91 e successive modifiche ed integrazioni.
5.2. Preparazione dei terreni-reimpianto. Nei nuovi impianti, la preparazione dei terreni deve prevedere:
analisi chimico-fisiche del terreno, secondo metodi ufficiali, allo scopo di realizzare eventuali impianti di drenaggio e qualita/quantità delle concimazioni di fondo con la distribuzione di 20/30 tonnellate di sostanza organica ad ettaro, lo scasso e quindi l’interramento della sostanza organica, ed altre azioni correttive,
il livellamento delle superfici per facilitare il deflusso delle acque, la concimazione minerale d’impianto con 1,5/2,0 tonnellate di concimi fosfatici e 0,5/1,0 di tonnellate di concimi potassici ad ettaro.
5.3. Impianti. Gli impianti del tipo tradizionale caratterizzati da esemplari di grandi dimensioni con produzioni elevate, possono coesistere in consociazione all’agrumeto nella fascia pianeggiante collinare, al frutteto o vigneto nella fascia montana. Nell’impianto è ammesso esclusivamente l’uso di astoni (certificati) di ciliegio selvatico Prunus avium o di altri soggetti del genere Prunus, anche ibridi. I portinnesti utilizzati in funzione del tipo di terreno (condizioni di umidità, profondità e tessitura) e di coltivazione (forme di allevamento e sistemi di potatura) sono il «franco» (Prunus

avium L.) e suoi derivati, per le eccezionali doti di adattamento a terreni poveri, ricchi di scheletro e sciolti con scarsa disponibilità idrica e per la loro resistenza alle malattie fungine. Sono ammesse tutte le forme di allevamento sia in volume che in parete. Per le forme in volume, specie per i nuovi impianti, la chioma potrà assumere, con operazioni di potatura, una forma a vaso basso su tre o quattro branche principali; per le forme in parete si può fare riferimento alla spalliera o alla ipsilon. Adottando queste forme di allevamento a ridotto sviluppo, sarà possibile utilizzare mezzi di difesa fisica (coperture fisse o mobili quali reti o films plastici).
5.4. Innesti. Gli innesti a «marza» (a scheggia, a triangolo, a spacco) vanno fatti in ogni caso a gemma dormiente, ossia dal 15 agosto al 15 settembre, mentre l’innesto a corona e gli innesti a gemma vanno fatti in primavera. L’utilizzo dei portinnesti certificati è associato a quello di marze di pari categoria (certificate).
5.5. Densità d’impianto. La densità di piantagione massima ammessa è di 800 piante per ettaro. Nei nuovi impianti, i sesti non dovranno essere inferiori alle seguenti ampiezze minime: metri 3,50/5,00 sul filare e metri 4,50/7,00 tra i filari. La densità d’impianto deve garantire le operazioni colturali (lavorazione-potatura-raccolta) con l’ausilio di macchine e la loro movimentazione.
5.6. Conduzione del terreno. Viene adottata la tecnica di aridocoltura con lavorazioni a 20-30 cm di profondità, in primavera. Le concimazioni devono tenere conto di quanto previsto dalla «Buona Pratica Agricola» della Regione Siciliana. Le pratiche di fertilizzazione, in relazione al regime pluviometrico dell’area, dovranno essere effettuate a fine inverno ed assicurare il rapporto 2:1:1 dei macroelementi nelle fasi vegetative e 1:1:2 nelle fasi di produzione, facendo ricorso alle numerose formulazioni disponibili nella conduzione convenzionale. Le quantità massime di macroelementi nutritivi ammessi ad ettaro saranno: kg 110 di azoto, kg 80 di fosforo e potassio. Adottando il «Metodo di Coltivazione Biologico», l’impiego periodico di sostanza organica, il ricorso alla pratica del sovescio e l’uso di cover crops, sono raccomandati.
5.7. Irrigazione. In considerazione della lunga stagione vegetativa in periodo asciutto, risulta diffuso il ricorso ad impianti irrigui localizzati che consentono irrigazioni di soccorso e fertirrigazione. È sempre richiesto, dopo il trapianto, per 1-2 stagioni, l’uso dell’irrigazione di soccorso.
5.8. Difesa fitosanitaria. La difesa fitosanitaria dovrà salvaguardare e tutelare la salute umana, l’agro-sistema ed in particolare il patrimonio apistico locale, facendo riferimento alle «Norme Tecniche» previste dalla Regione Siciliana. Inoltre vengono adottate le seguenti pratiche agronomiche: la potatura di arieggiamento delle chiome, l’eliminazione delle eventuali produzioni non raccolte, la corretta gestione del terreno in primavera e il controllo del deflusso delle acque in eccesso.
5.9. Raccolta del prodotto. La raccolta della «Ciliegia dell’Etna» D.O.P., seguendo la naturale maturazione del frutto, deve essere effettuata a mano (con il peduncolo per evitare infezioni e marciumi), disponendo il prodotto direttamente in contenitori adatti, con pareti rigide di dimensioni adeguate per evitare danni da costipamento, dopo essere state sottoposte ad una prima selezione per eliminare i frutti di scarto e con pezzatura insufficiente. Fino al momento della commercializzazione i frutti dovranno essere mantenuti in luoghi freschi e ombreggiati per evitare perdite di qualità e conservabilità. Qualora non sia effettuata la commercializzazione nell’arco delle 24 ore i frutti dovranno essere sottoposti a raffreddamento, utilizzando la tecnica della frigo-conservazione ed in generale a tutti gli accorgimenti atti a rallentare il metabolismo respiratorio dei frutti.
6. Legame con l’ambiente. L’esposizione a est sud sudovest, l’elevato grado d’insolazione, i terreni sabbiosi a reazione sub-acida di origine vulcanica recuperati dall’industriosa popolazione che con paziente lavoro di scasso, di sistemazione di muri e terrazzi, con la captazione di acque sotterranee, ha saputo rendere produttive estese superfici di lave aspre e brulle, i venti dominanti e l’umidità,

conferiscono al frutto antropizzato in tale area, particolari caratteristiche di qualità, precocità, forma, colore intenso tipico del territorio, sapore croccante e deciso, difficilmente riscontrabili in altre aree di produzione. Le singolarità pedoclimatiche ed antropiche del territorio agricolo etneo, che si estende dal mare Ionio fino ad altitudini di 1.600 metri s.l.m, caratterizzano fortemente la qualità della «Ciliegia dell’Etna», conferendogli parametri esclusivi. La zona delimitata è caratterizzata da suoli che evolvono su substrati di origine vulcanica: nella fascia montana si hanno suoli che presentano profilo poco profondo, elevata rocciosità superficiale, tessitura sabbiosa e ricca di scheletro, mentre dalla fascia collinare e litoranea sono presenti profili più evoluti, profondi, con tessitura franco-sabbiosa, suscettibili di irrigazione. I casi di gelate sono rari e da ricondurre a fenomeni di inversione termica, meno evidenti nelle aree più ventilate di collina. I valori assoluti delle massime hanno raggiunto punte di 44,3 °C a luglio e mediamente si hanno valori di 39-40 °C (Zafferana Etnea 44 °C - Linguaglossa 34 °C - Nicolosi 36 °C). I valori annui delle precipitazioni raggiungono i massimi della provincia e della stessa Sicilia; esse aumentano con il crescere della quota, passando dai 685 mm di Catania e 798 mm di Acireale, fino ai più alti valori di Nicolosi (1036 mm), Linguaglossa (1071 mm) e Zafferana Etnea (1192 mm). Condizioni intermedie si riscontrano nelle stazioni di Piedimonte Etneo e Viagrande. Attorno alla coltivazione della «Ciliegia dell’Etna» si è stratificato un retroscena culturale ed un importante indotto economico fatto di mestieri, tradizioni e usi ripetuti nei secoli dai coltivatori ortofrutticoli, che ancora si tramandano nel lessico dialettale il nome di «cirasa» o «ciriegia», la preparazione dei terreni (terre scatinate), le tecniche di coltivazione, l’innesto a sgroppo o a pezza e la tecnica di raccolta con le scale a trenta pioli e con i panari ecc. La qualità del prodotto è confermata dal successo della tradizionale sagra. Oltre all’ambiente naturale, il fattore uomo, con la sua secolare tradizione, la fatica a trasformare le «sciare» (dall’arabo terra bruciata) in terreni fertili, ha contribuito in maniera determinante a caratterizzare il forte legame tra la «Ciliegia dell’Etna» ed il territorio etneo. Come riportato dai diversi autori del tempo, la coltivazione del ciliegio, da parte della popolazione rurale, era ben radicata. La tradizionale esperienza, con le sue capacità culturali acquisite di generazione in generazione, con continua ricerca e messa in atto di specifiche tecniche colturali, ha determinato le
condizioni affinchè la coltivazione si consolidasse nel tempo, fino a costituire un patrimonio storico-tradizionale e culturale del territorio.
7. Controlli. La «Ciliegia dell’Etna» D.O.P. per l’applicazione delle disposizioni del presente disciplinare di produzione sarà controllata da un organismo autorizzato, in conformità agli articoli 10 e 11 del Reg. CE 510/06.
8. Etichettatura.
8.1. Confezionamento. La D.O,P. «Ciliegia dell’Etna» deve essere commercializzata allo stato fresco in imballaggi nuovi, puliti ed asciutti, di materiale conforme alle norme in vigore per gli imballaggi, con una capacità massima di 10 kg di prodotto. Il contenuto dell’imballaggio deve essere costituito esclusivamente da ciliegie di uguale varietà e qualità. La grandezza dei frutti deve essere omogenea con colorazione e maturazione uniformi.
8. 2. Etichettatura. La parte visibile del contenuto dell’imballaggio deve essere rappresentativa dell’insieme. Ciascuna confezione deve essere avvolta da un film plastico, e chiusa mediante un apposto sigillo di garanzia in maniera tale che l’apertura della confezione comporti la rottura dello stesso sigillo. All’esterno di ogni imballaggio devono essere riportate oltre al logo della denominazione, al simbolo grafico comunitario e relative menzioni (in conformità alle prescrizioni del Reg. CE 1726/98 e successive modifiche ed integrazioni), le informazioni corrispondenti ai requisiti di legge: il nome, la ragione sociale e l’indirizzo del confezionatore, la categoria commerciale di appartenenza secondo quanto disciplinato dall’art. 2 del presente disciplinare, nonchè l’eventuale nome delle aziende da cui provengono i frutti, il peso lordo all’origine, la data di

confezionamento. Nella designazione è vietata l’aggiunta di qualsiasi indicazione di origine non espressamente prevista dal disciplinare o di indicazioni complementari che potrebbero trarre in inganno il consumatore.
8.3 Logo. Il logo della denominazione è di forma rettangolare di dimensioni 100 mm x 38 mm. In alto è riportata la dicitura «Denominazione d’Origine Protetta», al centro l’acronimo DOP ed in basso la denominazione «Ciliegia dell’Etna». Sul lato sinistro è riportato il simbolo grafico comunitario della DOP. Sul lato destro sono raffigurate 2 ciliegie di dimensioni diverse sovrapposte alla raffigurazione della Regione Siciliana.
Carattere utilizzato Times New Roman-Commercial Script. Pantone: Blu reflex; Yellow 109-483U 141 C; Green 353 U; Red 032 C; Violet 326.
9. Prodotti trasformati. I prodotti per la cui preparazione è utilizzata la «Ciliegia dell’Etna» D.O.P. anche a seguito di processi di elaborazione e di trasformazione, possono essere immessi al consumo in confezioni recanti il riferimento alla detta Denominazione d’Origine Protetta senza l’apposizione del logo comunitario, a condizione che:
gli utilizzatori del prodotto a Denominazione d’Origine Protetta siano autorizzati dai titolari del diritto di proprietà intellettuale conferito dalla registrazione della D.O.P. riuniti in consorzio incaricato alla tutela dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Lo stesso consorzio incaricato provvederà anche ad iscriverli in appositi registri e a vigilare sul corretto uso della Denominazione d’Origine Protetta. In assenza di un consorzio di tutela incaricato le predette funzioni saranno svolte dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in quanto autorità nazionale preposta all’attuazione del Reg. (CE) 510/06






L’Associazione “Ciliegia deIl’Etna”,pur essendo nata da pochissimo tempo(19/09/2003), con lo scopo di tutelare e valorizzazione la ciliegia dell’Etna
- promuovere e sostenere ogni utile iniziativa per migliorare la qualità;
- salvaguardare la tipicità del prodotto anche attraverso la ricerca e la sperimentazione;
- munirsi di un proprio marchio collettivo di qualità,
- svolgere un’ adeguata azione promozionale e pubblicitaria; annovera più di 50 produttori,spalmati intorno al massiccio del vulcano che coprono una superficie coltivata a ciliegio di oltre 1000 ettari e sviluppano una produzione lorda di circa 2000 tonnellate di ciliegie rappresentanti il 70% della produzione regionale inoltre conta al suo attivo, una serie di iniziative: stipula dei protocolli di intesa ( atto prodromico al riconoscimento della D.O.P.)con i Comuni di Giarre, Trecastagni, Zafferana, S.Alfio, Linguaglossa, MiIo,
Fiumefreddo di S.,P.Etneo,Riposto e, non ultimo, Parco dell’Etna.
Il 30 Gennaio c. a. è stata inoltrata la richiesta al Ministero delle risorse agricole della D.O.P.(denominazione di origine protetta) e con il Ministero si è intrecciata una fitta corrispondenza; siamo comunque in attesa di essere convocati in audizione pubblica.
L’Associazione ha già anticipato alcuni passaggi che ci verranno richiesti in futuro: quali, ad esempio, la costituzione di un consorzio(già costituito il 2 Marzo 2004) in assenza del quale le funzioni sarebbero svolte dal MIPAF.
Non sfugge a nessuno il successo che ha avuto l’evento”Ciliegia dell’Etna 2004” e il grande risalto dato dai giornali e dalle televisioni.
Un esempio per tutte è la notizia, riportata in prima pagina dal quotidiano La Sicilia, circa la relazione svolta dal Prof. Maccarrone della facoltà di Agraria dell’università di Catania, nella quale si evidenzia i positivi effetti benefici della ciliegia,dovuti all’alto contenuto di antocianine presenti in questa frutta e,non di meno valore, la relazione del Prof. Continella, sempre dell’università di Catania.
Per completezza è da rilevare l’interesse e la disponibilità manifestata dai Sindaci dei comuni in cui si sono svolti i vari eventi;al punto tale che è auspicabile che per gli anni a venire questa manifestazione venga ripetuta,magari restringendola ad un solo Comune per ogni anno, affinché , tutti i comuni, sul cui territorio si produce la ciliegia e che hanno stipulato il relativo protocollo di intesa con la nostra Associazione,possano ospitare una edizione “Ciliegia dellEtna”.
Inoltre, in data 25/10/2004, il Consorzio di tutela della “Ciliegia dell’Etna” ha partecipato ad una riunione, presso la CC.I.AA. di Catania, alla presenza di tutti i rappresentanti dei Consorzi e delle Associazioni del ramo agricoltura della provincia di Catania.
In quella occasione si è formulata una proposta al Presidente della C.CI.A.A., per l’apertura di un Work shop{punto di vendita) in una o più grandi città del Nord Italia che possa servire per accogliere e commercializzare tutto il prodotto “made in Etna”

ALLE PENDICI DEL VULCANO ETNA SVETTANO RIGOGLIOSE PIANTE DI CILIEGIO DAGLI AGRICOLTORI INNESTATE CON UN PORTAINNESTO SPONTANEO " LA MASTRANTONI" I FRUTTI ROSSI COME IL FUOCO, DOLCI COME LA TERRA CHE LI PRODUCE, BUONI COME LA GENTE CHE ABITA I LUOGHI.

La ciliegia dell'Etna